lunedì 8 marzo 2010

- Sta per tornare il signor Rail

Allora, solo allora, Jun Rail sollevò il capo dallo scrittoio e girò lo sguardo verso la porta chiusa.
Jun Rail. Il volto di Jun Rail. Quando le donne di Quinnipak si guardavano allo specchio pensavano al volto di Jun Rail. Quando gli uomini di Quinnipak guardavano le loro donne pensavano al volto di Jun Rail. I capelli, gli zigomi, la pelle bianchissima, la piega degli occhi di Jun Rail. Ma più di ogni altra cosa - sia che ridesse o urlasse o tacesse o semplicemente stesse li, come ad aspettare - la bocca di Jun Rail. La bocca di Jun Rail non ti lasciava in pace. Ti trapanava la fantasia, semplicemente. Ti impiastricciava i pensieri. "Un giorno Dio disegnò la bocca di Jun Rail. É lì che gli venne quell'idea stramba del peccato." Così la raccontava Ticktel, che sapeva di teologia, perché aveva fatto il cuoco in un seminario, così almeno diceva lui, era una prigione dicevano gli altri, stupidi è la stessa cosa diceva lui. Nessuno potrebbe mai riuscire a disegnarlo, dicevano tutti. Il volto di Jun Rail, ovviamente. Stava nella fantasia di chiunque. Ed ora stava anche lì - soprattutto lì - girato verso la porta chiusa, perché da un attimo si era sollevato dallo scrittoio per guardare la porta chiusa e dire - Sono qui.
- C'è un pacco per lei, signora.
- Entra, Magg.
- C'è un pacco... è per lei.
- Fammi vedere.
Jun Rail si alzò, prese il pacco, lesse il suo nome scritto in inchiostro nero sulla carta marrone, rigirò il pacco, alzò lo sguardo, chiuse per un istante gli occhi, li riaprì, tornò a guardare il pacco, prese il tagliacarte sullo scrittoio, tagliò lo spago che lo teneva insieme, aprì la carta marrone e sotto c'era una carta bianca.
Magg fece un passo indietro verso la porta.
- Resta, Magg.
Aprì la carta bianca, che avviluppava una carta rosa, che impacchettava una scatola viola dove Jun Rail trovò una piccola scatola di panno verde.
La aprì.
Guardò.
Non si mosse nulla nel suo viso.
La richiuse.
Allora si voltò verso Magg, le sorrise e le disse - Sta per tornare il signor Rail.

Alessandro Baricco, Castelli di Rabbia

1 commento:

Anonimo ha detto...

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